DIRETTIVA EU GREENWASHING
FENOMENO GREENWASHING
Il fenomeno sopra citato, ossia l’ambientalismo di facciata, è una forma di comunicazione che molte imprese, organizzazioni o istituzioni politiche rischiano di mettere in pratica fornendo un’immagine ingannevole, in termini di positività sotto il profilo dell’impatto ambientale. Di conseguenza, l’effetto di tale condotta è proprio quello di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi sull’ambiente generati delle attività o dei prodotti delle imprese stesse. Tale sviluppo, però, mette a rischio l’accuratezza delle dichiarazioni ecologiche delle imprese, sia rilasciando, quest’ultime, indicazioni non veritiere o capaci di ingannare consumatori, investitori e altri partecipanti al mercato (ad esempio, presentando un prodotto più sostenibile di quanto lo sia realmente) sia omettendo informazioni rilevanti. Tale fenomeno è sintomo della competizione fra gli enti, dell’assenza di regole e controlli, delle carenze nelle strutture, nell’etica o nel governo societario dell’ente, etc.
DIRETTIVA 825/2024
La direttiva in oggetto ha come obiettivo il miglioramento dell’etichettatura e della durabilità dei prodotti, potendo così porre fine alle dichiarazioni ingannevoli rilasciate. Tale approccio vuole aiutare, non solo i consumatori nelle loro scelte commerciali, ma anche le aziende, in modo da riuscire ad offrire una qualità migliore, soprattutto in termini di sostenibilità. È importante ricordare la presenza del seguente testo all’interno del primo pacchetto sull’economia circolare, insieme ad altri documenti già presenti.
Inoltre, la disposizione in esame pone una serie di divieti e di obblighi generici di trasparenza in materia di claims ambientali e di sostenibilità. Infatti, porterà all’inserimento di nuove regole specifiche nel Codice del Consumo, cercando di rendere quindi più semplice l’individuazione e la contestazione delle pratiche ingannevoli da parte delle autorità, e ponendo un freno al fenomeno del Greenwashing.
Il provvedimento dell'AGCM più noto su questo argomento è sicuramente quello del 20 dicembre 2019 n. 28060 per la realizzazione di una pratica commerciale scorretta ai danni dei consumatori per una campagna pubblicitaria sul carburante.
Ad oggi, la direttiva è entrata in vigore e si riconosce all’Italia fino a Marzo 2026 come data ultima di implementazione.
OGGETTO DELLA DIRETTIVA
Svolgendo una analisi più specifica, l’Unione Europea intenderà rendere l’etichettatura dei prodotti più chiara e affidabile, vietando l’uso di indicazioni ambientali ingannevoli e generiche (es. rispettoso dell’ambiente, degli animali oppure termini come verde, naturale, biodegradabile, eco), almeno che non siano supportate da prove
Le principali novità che emergono possono essere così riassunte:
In tema di pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali, così come definite dall’allegato I della Direttiva 2005/29/CE, la nuova Direttiva 825/2024 inserisce ulteriori strategie di marketing problematiche all’elenco già esistente. Ad esempio, è considerata una pratica sleale quella concernente la formulazione di asserzioni ambientali che contengono informazioni “non veritiere” o generiche riguardo alla sussistenza di caratteristiche attribuite a prodotti o, più semplicemente, è altresì sleale rilasciare dichiarazioni circa le proprietà facenti capo all’intero prodotto, quando queste, in realtà, sono vere solo su una parte di esso.
In particolare, tra le nuove condotte inserite in questa black list merita fare menzione al comportamento, considerato quindi illecito, di “esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche”.
Con marchio di sostenibilità si intende qualsiasi marchio di fiducia, marchio di qualità o equivalente, pubblico o privato, avente carattere volontario, che mira a distinguere e promuovere un prodotto, un processo o un’impresa con riferimento alle sue caratteristiche ambientali o sociali oppure a entrambe, esclusi i marchi obbligatori richiesti a norma del diritto dell’Unione o nazionale. Alla luce della direttiva Greenwashing, saranno autorizzati solo marchi di sostenibilità basati o su sistemi di certificazione approvati da autorità pubbliche o su standard con condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie.
Inoltre, in tema di impatto zero e neutralità climatica, la Direttiva pone un divieto assoluto alle imprese di vantare un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra, tra cui anche la CO2, sulla base della compensazione. Questo non significa impedire alle imprese di pubblicizzare i loro investimenti in iniziative ambientali, compresi i progetti sui crediti di carbonio, purché le stesse forniscano tali informazioni in modo non ingannevole e conforme ai requisiti stabiliti dal diritto dell’EU.
Infine, la direttiva si sofferma su ulteriori punti. In primo luogo, l’attenzione dei consumatori sulla durata dei prodotti: in futuro, le informazioni sulla garanzia dovranno essere più visibili e si creerà un nuovo marchio armonizzato per dare maggiore risalto ai prodotti con un periodo di garanzia più esteso. In secondo luogo, le nuove norme vietano le indicazioni infondate sulla durata, le false dichiarazioni sulla riparabilità di un prodotto e l’invito a sostituire i beni di consumo prima del necessario.
UNA PARTICOLARE ATTENZIONE AL SETTORE TESSILE
La Commissione chiederà all’industria della moda di sostituire le sostanze pericolose nei prodotti tessili immessi sul mercato europeo e di adottare un riciclo responsabile ed innovativo da fibra a fibra. Alla luce di ciò, i produttori si dovranno assumere la responsabilità dei prodotti lungo la loro “value chain”, definendo con urgenza la normativa europea di riferimento dell’End of Waste e armonizzando le norme in materia di responsabilità estesa del produttore tessile e gli incentivi economici per rendere i prodotti più sostenibili.